“Noli me tangerere – Vivere a dispetto” di Eleonora Nicotera
Può persino accadere che l’amore per la libertà sia tanto più vivo presso taluni quanto meno si incontrano garanzie di libertà per tutti. L’eccezione in tal caso. E’ tanto più preziosa, quanto più rara. Alexis de Tocqueville
Una scrittura dell’anima attraverso la quale impressioni, immagini, sensazioni, ricordi riaffiorano alla mente. L’intento è quello di esorcizzare le antiche paure, le fragilità, le ansie come a voler dire: le cose non sono tanto dolorose o difficili di per se stesse, è la nostra debolezza e la nostra vita che le rendono tali.
Quella di Eleonora è una scrittura evocativa, viva, palpabile, che riesce a mettersi in relazione con il lettore, attraverso la rappresentazione del proprio vissuto, riappropriandoci di un linguaggio carico di tutte le valenze culturali ed umane della propria soggettività e specificità femminili.
C’è il desiderio e il preciso convincimento di tracciare un bilancio della propria esistenza. Ed è la voce di una donna coraggiosa “libera” di mente che, con rigore ed onestà, si mette in gioco, correndo il rischio di diventare oggetto (in teoria,almeno) del pubblico ludibrio. Eppure lei, con fierezza e, nel contempo, con grande umiltà, continua per la sua strada, incapace di aderire al cumulo rutilante di banalità, pregiudizi, ”steccati” mentali che molto spesso affliggono la nostra vita.
Amante della verità tout court, Eleonora non indossa mai la maschera dell’ipocrisia, della tracotanza e della falsità, semmai il contrario, la sua indignazione per le ipocrisie e le ingiustizie riesce a diventare coscienza vera, consapevolezza autentica. Ella opera sulle rimozioni, scansa la quotidianità, surrogandola con i filmati registrati e custoditi nella memoria ripassati nel suo immaginario come un album di fotografie a portata di mano. E convinta com’è, che ogni giorno noi donne viviamo sulla nostra pelle un’infinità di luoghi comuni che vogliono l’altra metà del mondo eterni angeli del focolare domestico, ella tenta di scardinare l’autoreferenzialità della cultura maschile. E non solo. Mette in discussione il gretto provincialismo, il bigottismo imperante, il perbenismo becero, senza tuttavia presentarsi come vittima, con il bisogno di riconoscimento perché in tal caso la sua denuncia sarebbe stata sterile lamento e vana recriminazione. L’invito è quello di non accettare la desertificazione dei sentimenti, di coltivare il dialogo tra sensibilità umane e di dare voce al linguaggio dell’amore tanto insidiato dal potere, dal denaro e dall’ambizione sfrenata, fare in modo che l’aridità non spenga ogni slancio di relazione. Riprendiamoci la felicità sembra essere il suo messaggio.
“La felicità è altamente improbabile, ha scritto Luisa Muraro, ma trattarla come un miraggio è semplicemente sbagliato, perché in realtà è un bisogno, ed è sbagliato rinunciarvi: si rinuncia forse alla luce del sole? Se difetta, mancherà. Aiutiamoci a sopportare la mancanza, ma non a rinunciarvi. Il senso della Mancanza tiene la porta aperta!”
(Luisa Muraro, filosofa alla scuola di Gustavo Bontadini, insegnante all’Università di Verona dove ha dato vita alla Comunità filosofica DIOTIMA, socia fondatrice della LIBRERIA DELLE DONNE di Milano e creatrice della Rivista VIA DOGANA)
Maria Critelli
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